“Sai come è nata la sifilide? Dalle contesse francesi del 1800 che si scopavano gli animali” — diceva mio nonno
Una battuta che, pur nella sua brutalità, ci porta a riflettere su un aspetto inquietante della realtà odierna: l’evoluzione del rapporto tra esseri umani e animali, e le derive pericolose che possono nascere da una visione distorta dell’affetto.
Nel corso degli anni, molte leggende e pettegolezzi sono circolati su personaggi famosi e situazioni estreme. Una delle più note è quella della showgirl Cicciolina, icona degli anni ’80 e ’90, che secondo alcuni si sarebbe “scopata” un cavallo. Che sia vero o no, la storia è diventata un’icona pop di quella follia che a volte si nasconde dietro certe derive.
E poi ci sono le leggende, che spesso hanno radici in stereotipi e pregiudizi, come quelle che circolano in Sardegna — terra bellissima ma a volte vittima di racconti esagerati — dove si mormora di comportamenti zoofili con le pecore. Questi racconti, anche se spesso frutto di esagerazioni o pregiudizi, mettono in luce un problema reale: la zoofilia non è una cosa rara o limitata a poche persone isolate, ma una realtà che tocca varie zone, culture e contesti.
Oggi, con l’avvento dei social media, assistiamo a fenomeni preoccupanti. Su piattaforme per adulti, è possibile imbattersi in contenuti espliciti che coinvolgono animali, con atti di zoofilia reali e documentati. Ma anche su social più “soft” come Instagram e TikTok, si osservano tendenze allarmanti: ragazze che simulano atti sessuali con animali, spesso per attirare attenzione o ottenere visibilità. Un esempio recente è quello di una giovane che, in un video, fingeva di essere coinvolta sessualmente da un cane, suscitando indignazione e preoccupazione tra gli utenti.
È davvero incredibile che, nonostante la gravità di certi contenuti, non si riesca a bloccare o filtrare efficacemente materiale di zoofilia su molte piattaforme per adulti, lasciando libero accesso a video che normalizzano abusi e perversioni.
Questi comportamenti non sono amore, né rispetto per gli animali. Sono schifezze, perversioni che feriscono esseri indifesi e maltrattano la dignità della vita. Non possiamo e non dobbiamo giustificare queste pratiche come forme di affetto o “amore alternativo”.
Questi fenomeni rivelano una carenza profonda nell’educazione sessuale e affettiva delle nuove generazioni. In Italia, infatti, l’educazione sessuale nelle scuole è ancora un tabù. Secondo un’indagine di Save the Children, solo il 47% degli adolescenti ha ricevuto educazione sessuale a scuola, con percentuali ancora più basse al Sud e nelle Isole. Inoltre, il 91% dei genitori ritiene utile l’introduzione di percorsi obbligatori di educazione sessuale nelle scuole, ma finora non sono stati fatti passi concreti in questa direzione.
La mancanza di un’educazione adeguata porta molti giovani a cercare informazioni online, spesso su siti pornografici, dove possono imbattersi in contenuti dannosi e fuorvianti. Questo fenomeno è preoccupante, poiché la pornografia spesso offre una visione distorta e irrealistica della sessualità, contribuendo alla formazione di stereotipi dannosi e alla normalizzazione di comportamenti inappropriati.
E mentre tutto questo accade, le istituzioni? Dormono beate, con il portafoglio già pieno di tasse intascate, mentre il Paese va a rotoli. Nessuno si preoccupa di mettere in campo educazione sessuale seria, prevenzione o filtri efficaci per i contenuti illegali. Tanto che importa? L’importante è che il conto arrivi e che nessuno disturbi il dolce sonno dei burocrati.
È fondamentale, quindi, che la società civile si svegli e pretenda cambiamenti concreti. L’educazione sessuale dovrebbe essere obbligatoria e strutturata, affrontando temi come il consenso, il rispetto, la salute sessuale e le relazioni affettive. Solo così si potrà prevenire il diffondersi di comportamenti devianti e garantire un futuro in cui il rispetto per sé stessi e per gli altri sia la base di ogni relazione.
Non è solo una questione etica, ma anche un serio problema di salute pubblica. Queste pratiche espongono a rischi concreti di malattie zoonotiche e possono causare gravi danni psicologici a chi le mette in atto. Ma chissà, il Ministro della Sanità sarà mai al corrente di tutto questo? O forse è troppo impegnato a contare i soldi delle tasse mentre il resto del paese affonda.